Innovazione e comportamento organizzativo. I team aziendali

Nel precedente articolo Network interni alle aziende. Reti informali e comportamento innovativo, ho affrontato il rapporto tra innovazione e comportamento.
Cos’è, allora il comportamento innovativo? “L’intenzionale generazione, introduzione, e applicazione di un’idea all’interno di un ruolo lavorativo, di un gruppo o di un’organizzazione, al fine di apportare benefici …”.
L’innovazione non avviene in un vuoto sociale, l’aspetto dell’’interazione tra individuo e il gruppo/organizzazione è fondamentale per la collaborazione che porta all’innovazione.
È probabile in azienda i collaboratori non rischiano ad essere proattivi, creativi e innovativi se i loro capi (difficile chiamarli leader) scoraggiano i comportamenti innovativi. Semplificando potremmo affermare che:

  • è la partecipazione creativa e individuale alla generazione e realizzazione delle idee il motore che genera l’innovazione
  • è lo stile di leadership, di apertura alle proposte di idee, che consente che questa partecipazione di manifestarsi (al meglio)
  • è la presenza di un team interfunzionale (un team che ha come componenti persone di diversa astrazione divisionale/compartimentale, di diversi settori aziendali) e/o con forte eterogeneità tra i membri del gruppo il terreno di cultura della collaborazione innovativa

Ecco allora in sintesi le caratteristiche di un buon team interfunzionale:

  • Consente esplicitamente l’azione delle reti informali con l’utilizzo della fiducia e la conoscenza tra le persone (elemento molto più importante della competenza!)
  • Il limite delle connessioni nel team ristretto non c’è, per questo si consiglia comunque la costituzione di team con un numero non superiore ai 15 membri (che consente i legami forti)
  • Il rapporto tra innovazione e comportamento nei team interfunzionali, ci consente di coltivare la collaborazione innovativa

 

Fonti utilizzate per le immagini:

  • www.carrozzeriacorato.it
  • www.impresamia.com
Innovazione di processo come fattore di competitività. Non solo StartUp

Approfondisco in questo articolo quanto affrontato nel precedente: L’innovazione diffusa e l’iniziativa editoriale del Corriere del Veneto.

Ma l’innovazione è ancora l’ultimo fattore per la competitività o c’è dell’altro?

image_thumb9Dagli anni 90, il driver dell’innovazione si sia aggiunto a quelli della flessibilità (anni 80-90), della qualità (anni 70-80), sopra l’onnipresente macro-driver della produttività (era della produzione industriale e di massa del miracolo economico anni 60).
Nel 2013 l’innovazione è ancora l’ultimo fattore per la competitività? Possiamo ancora affermare che “L’innovazione tecnologica è il principale fattore competitivo in un economia basata sulla conoscenza”? Il nuovo paradigma non potrebbe essere quello della “partecipazione”???
Su quest’ultimo aspetto ha avuto modo di esporre a Barbieri e Inguscio, il mio punto di vista circa la necessità di non far coincidere (a livello di percezione e di comunicazione con il Corriere Innovazione, quindi) innovazione = start up. Quando mi trovo in situazione di formazione, nelle aziende, cito sempre il rapporto tra comportamento e innovazione come un’equazione: innovazione = 80% comportamento e 20% tecnologia (… guarda caso un tema del mio ultimo post “Network interni alle aziende. Reti informali e comportamento innovativo”).

Innovazione di processo e ricerca della relazione produttore-persona

Sostengo, quindi che l’innovazione di processo sia più determinate dell’innovazione di prodotto (destinata al ciclo di vita, all’obsolescenza…). E’ più importante per un’azienda attivare un processo creativo/innovativo incrementale che sostenga i continui lanci di prodotti innovativi piuttosto che inseguire la chimera del prodotto che risolve tutto e che si vende da solo (sogno mai morto del marketing manager)…

image_thumb4Sostengo, non solo ora, che occorra sempre sviluppare l’ascolto del mercato e delle esigenze del cliente in un continuum di innovazione di processo e ricerca della relazione produttore–>persona all’interno dell’egemonia (se il prodotto funziona) del rapporto persona (cliente)/prodotto: il prodotto è di chi lo usa e non di chi lo fa… E’ chiaro che la relazione produttore–>persona  non può che diventare una relazione persona (dell’azienda)—> persona in una relazione che si sviluppi in reciproco scambio e accrescimento. E’ questa, del resto, l’essenza del fare marketing con i social media.
In effetti, la novità (innovativa) dell’innovazione di prodotto ha come approdo una strategia unfocused (non focalizzata) caratterizzata dallo sviluppo di nuove “base technology” del prodotto, poiché il radicale cambiamento tecnologico non riguarda generalmente la “core technology”, esso finisce per determinare la creazione di nuovi prodotti che soddisfano bisogni diversi e che necessitano di diversi canali distributivi. Sono i bisogni diversi (relazione prodotto-persona) e i canali distributivi (contesto di acquisto e d’uso).
Per le aziende tutto ciò non significa avere un genio nel dipartimento ricerca e sviluppo ma di abilitare la genialità ed il talento che esiste già non solo in azienda ma anche nel processo di utilizzo, consumo e di soddisfazione dei bisogni che è già insito nell’egemonia del rapporto persona/prodotto!
image_thumb6L’area più importante dell’innovazione è quella radicale e del modello di business, vale a dire la fusione delle capacità aziendali con le potenzialità del mercato (rapporto persona/prodotto, comunicazione, ecc.), credo che sia questa una buona interpretazione di quello che va sotto il nome si Social Business, purché il tutto non sia ancora equivocato con la tecnologia (…).
Tra dieci anni sapremo quali sono le aziende che saranno sopravvissute a questa crisi. Chi saprà andare oltre la dimensione di adattamento evolutivo avrà le migliori opportunità per esserci, ancora…  
Mi fermo qui, ma il discorso mi piacerebbe vederlo approfondito anche nel Corriere Innovazione.

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Fonti utilizzate per le immagini:
Avantionline.it
Fundersandfounders.com
Day-one.it
Openupblog.it