Facebook come Google. Impatto della condivisione nelle decisioni di acquisto.

imageHo trovato ulteriori dati a sostegno delle tesi già pubblicate in un mio precedente articolo  impatto dei social media nelle decisioni di acquisto (per non parlare di un altro articolo meno recente sul Social Commerce e Social Shopping). Molti dei miei colleghi non concordano sull’efficacia dei Social Network rispetto alle conversioni. Le comprovate metriche ed il ROI – Return on Investment delle attività SEO – Search Engine Optimization e SEM – Search Engine Marketing dimostrano però una conversione di un cliente (potenziale) che ha già deciso che cosa cercare (attraverso le parole chiave – keywords).

imageE’ nebbia densa, però, quando si parla di percorso di decisione che porta all’acquisto, per la parte online tutto è misurabile solo dal momento in cui un cliente (potenziale) entra nel funnel (percorso, imbuto) di acquisto che inizia da quando si accede ad una landing page (pagina di accesso), fino ad arrivare alla transazione economica, nel caso dell’eCommerce. Ecco un’indagine che apre qualche squarcio di visibilità in questa nebbia….

Il comportamento di condivisione da Facebook all’eCommerce (Social Sharing Behavior)

Il risultato dell’indagine Social Impact Study (effettuata da Sociable Labs) tra i più significativi di questa ricerca condotta su di un campione di  Online Shoppers, è nel determinare questa corrispondenza tra attività in Facebook :

  • Il 56% degli acquirenti online hanno cliccano sui pulsanti “Mi Piace” relativi a dei prodotti (Like buttons related to Products), vedi immagine all’inizio dell’articolo.
  • 62% degli acquirenti online hanno letto i commenti di prodotti condivisi dai loro amici su Facebook (vedi immagine sopra riportata)
  • imageIl 38% degli acquirenti online hanno condiviso commenti con gli amici
    sui prodotti che hanno acquistato (vedi immagine sulla destra)
  • 75% delle persone che leggono i commenti su Facebook hanno poi cliccato l’immagine del prodotto, che li collega al sito del rivenditore online (vedi immagine sulla destra)
  • imageGli utenti che acquistano online (Social Buyers) hanno un’altra caratteristica: l’81% condividono molto online con amici e contatti

La conversione? E’ stimata del 25% sul totale ma va decodificata: il 53% di coloro che sono andati al sito del rivenditore hanno acquistato
il prodotto secondo partono da una popolazione di utenti che hanno interagito (engagement) nei social con il brand e/o con il rivenditore. Ecco qui di seguito il percorso di acquisto (Share-to-Purchase Funnel):

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Quali sono le motivazioni che portano gli utenti a condividere in Facebook (Social Sharing Motivations)?

  • Offerte. Motivazioni di condivisione delle offerte, per rendere disponibili anche ai propri amici
  • Acquisto. Condivisione delle ragioni che hanno portato all’acquisto, all’utilizzo ecc. del prodotto

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Alla domanda sulle fonti di informazione utilizzate per la ricerca di un prodotto da acquistare?

  • I consumatori a trovare la condivisione social in Facebook equivalente alla ricerca in Google cercando un prodotto da acquistare. Ecco il grafico di questa (sorprendente) rilevazione:

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Altri aspetti derivati da quest’analisi sul Social Impact nelle decisioni di acquisto.

Si acquista e poi si condivide perché:

  • imageIl 62% degli acquirenti sono più propensi a ritornare (customer retention) e fare acquisti in un sito che mostra ai loro amici che loro hanno acquistato: lo share di ritorno. Un dettaglio il 73% sono più propensi a condividere se rimangono nel sito del rivenditore e non vengono inviati al loro Facebook profile
  • Di converso il 57% degli acquirenti sono più propensi ad acquistare in un sito che mostra i loro amici che hanno acquistato: è la conferma sociale, una raccomandazione indiretta e basata sulla fiducia …

Non si condivide e non si acquista perché:

  • Le ragioni principali maggior numero di persone non condividono e/o non fanno commenti è perché il prodotto è percepito come troppo banale … e/o si ritiene poco motivante fare attività di condivisione/sharing e "spingere" (pushing) un prodotto verso i propri amici e contatti

Altre raccomandazioni utili soprattutto per le aziende che voglio cimentarsi nell’eCommerce che si evolve nel Social Commerce:

  • imageLa condivisione nei Social Network funge da meccanismo di preziosa scoperta (“toh guarda che cos’ho trovato”) di un prodotto on-line 
    la condivisione/share che ne consegue genere una fonte d’informazione equivalente alla ricerca in Google!
  • Occorre creare un Social Circle virtuoso: Una volta che i consumatori sono esposti a esperienze positive di condivisione nei social, si crea un circolo virtuoso di condivisione della scelta (anche passando alla richiesta di pareri sul prodotto), condivisione (Word of Mouth) e di acquisto con successiva condivisione (considerazione), ecc.
  • imageI rivenditori possono consentire una condivisione più sociale attraverso la comprensione e gli inibitori motivatori per i loro clienti da condividere (contenute in questo rapporto)
  • I rivenditori aumenteranno i loro benefici dal Social Circle virtuoso rendendo 2.0 i propri siti, consentendo, quindi la condivisione, i commenti e l’apertura alla trasparenza nei siti di eCommerce. Il prodotto è, dal punto di vista social, un contenuto interessante da condividere. Se non lo è … si riducono le possibilità di vendita.
  • Offrire la possibilità di condividere "on-site" anche nel sito dell’eCommerce, aiuta a rimuovere un inibitore importante per
    molti consumatori con effetto di ottenere un rafforzamento della fiducia sociale da parte dell’acquirente (credo che sia questa la principale ragione per cui Google ha creato Google Plus …) 

Ecco l’infografica sul Social Impact, fonte: Sociable Labs e Jeffbullas.

 

Brand Community, le tipologie di community tra interessi e reti sociali.

imageRecentemente mi sono trovato nella condizione di dover articolare uno scenario di attività nei Social Media per un’azienda. L’obiettivo di questo progetto ruotava attorno alla costituzione di una community attorno al brand. nel web non ho trovato un classificazione soddisfacente delle community. Mi sono trovato anche a dover rispondere alla domanda se i fan un pagina aziendale su Facebook, per esempio, potessero essere considerati membri di una brand community.
Come vedremo nell’articolo, la mia risposta è affermativa. Il like alla pagina su Facebook può essere considerato un punto di contatto (touch-points) di un percorso di costruzione di una community aziendale (community building). Questo articolo intende fare un po’ di chiarezza, quindi, sulle varie tipologie di community, intendendole come la dimensione più importante per il marketing: nessun cliente può essere considerato sganciato dalla propria rete di interessi e rete di relazione sociale.

Community di interesse e di influenza

Community di interesse, basate prevalentemente sulla connessione tra le persone (“… un insieme di individui che condividono lo stesso ambiente fisico e tecnologico, formando un gruppo riconoscibile, unito da vincoli organizzativi, linguistici, religiosi, economici e da interessi comuni” Wikipedia)

  • Brand Community, nei casi migliori sono delle comunità naturali che si formano intorno ad un prodotto/servizio, per condividere la passione per il brand, l’esperienza d’uso, il supporto sul funzionamento, ecc. Queste Brand Community possono essere:
    • imageOrganiche (create da utenti senza intervento di un’azienda) detto anche “esterno-esterno”
    • Sponsorizzate o patrocinate (favorito e ospitato dall’azienda) detto anche approccio “interno-esterno”
    • Gestite, dal brand e sull’iniziativa diretta dell’azienda in un’ottica di Social Media Marketing, per fidelizzare gli utenti, per il lancio di un prodotto, ecc. Anche in questo caso siamo in presenza di un approccio “interno-esterno”, ma l’ambiente web di questa community è più riconoscibile all’interno del sito aziendale, come area dedicata
    • Aziendali, gestite e abilitate all’interno dell’azienda “interno-interno”, costituite attorno ad un corporate blog interno e, nei casi migliori attorno a servizi Social: in questo caso possiamo parlare di Social Network Enterprise. Questa tipologia di community si presta molto ad entrare in relazione, in prima battuta, con la community gestita “interno-esterno”  sopra descritta.
  • imageCommunity di profilazione, molti non la considerano una community, io invece propendo per considerare l’utente profilato al sito web dell’azienda, sia per l’attività di e-Commerce fino alla semplice iscrizione alla newsletter, un’embrionale partecipazione e adesione alla community aziendale. In un blog, la profilazione costituisce la condizione per poter effettuare dei commenti, per cui siamo già in presenza di elementi di conversazione.
  • Community Istituzionali, formali, di categoria, espressione di associazioni e/o istituzioni che nel web trovano un secondo, se non unico, strumento di aggregazione e di interazione
  • Community di condivisione, più spontanee, legate a degli interessi specifici (cucina, viaggi, salute, ambiente, ecc.), di servizio/supporto, autopromosse da alcune persone in rete, poi proseguono con forza autonoma (es.: gruppi in Facebook, forum, ecc.). In molti casi queste community si riconoscono in alcuni blog molto aperti ai commenti ed ai contributi delle persone.
  • Community di apprendimento, legate alle competenze e pratiche professionali, su delle abilità particolari. Per certi aspetti i Gruppi in Linkedin svolgono questa funzione.
  • Community viral, momentanee, volatili, che si creano attorno al buzz di contenuti/argomenti di alto interesse ma momentanei: video, foto, eventi, notizie, curiosità (Pinterest si muove in questa direzione, quella già tracciata da Twitter) 
    La tipica espressione di questa intensa ma momentanea viralità è data dagli hashtag di Twitter (esempio: la discussione che si crea attorno ad un evento, un lancio di prodotto/brand … un programma televisivo, in diretta)

Community sociali, basate sulla relazione e la fiducia tra le persone

Le community di appartenenza a dei valori, basate sulla relazione sociale, sulla rete sociale. In questi reti si può parlare di capitale relazionale o anche di Social Capital definito come l’insieme delle risorse potenziali incorporate nelle reti di relazione degli individui.

Nel web il corrispettivo di queste reti sociali trovano una realizzazione molto estensiva nei servizi web di social networking come:

  • Facebook, e tutti si Social Network simmetrici, che consentono solo l’accesso reciproco alle informazioni (amico-amico)
  • Foursquare e tutti i Social Network geolocalizzati, in questo caso la relazione e al condivisione si estende ai luoghi, alla possibilità di incontrarsi

Il flusso: dall’interesse verso la rete sociale

imageChe tipo di relazione c’è tra le community di interesse e quelle basate sulle reti sociali? Secondo il mio parere c’è una relazione dinamica e di costante contaminazione in un contesto, come quello dell’era dei Social Network che stiamo vivendo, dove:

  • i legami deboli provenienti dai contatti derivanti dalle affinità, dagli interessi, ecc. sono portatori di novità e di nuovi stimoli: è l’ambito in cui l’influenza per il brand è determinata dagli opinion leader riconosciuti, dagli influencer … (brand influence)
  • i legami della rete sociale, costituiscono gli ambiti della fiducia e dell’influenza reciproca, sono in grado di influenzare il comportamento d’acquisto su questa base (brand advocacy).

Dal contatto all’amicizia: Il flusso relazionale parte dalle Community di interesse per arrivare alle Community Sociali dove le relazioni prevalgono, diventano durevoli e si consolidano: si diventa amici.

Conclusioni: per convincere occorre coinvolgere!

  • Per convincere occorre coinvolgere! Siamo in un’epoca di frammentazione crescente. Il valore della fiducia e dell’attenzione è imprescindibile.
    • Solo attraverso il coinvolgimento si riesce ad ottenere l’attenzione del cliente.
    • L’attività di Community building attorno al brand, deve partire dai valori, dai contenuti, dall’engagement … prescindendo dal web e dai Social Network. Questa attività deve muoversi, quindi, attorno alle community di interesse già esistenti.
  • Le pagine Facebook, i like dei fan costituiscono una brand community?
    • Sì, il profilo pubblico aziendale può diventare l’inizio per un percorso di brand Community, dipende dalla Digital Strategy. Se non c’è una strategia il risultato può essere addirittura controproducente!
    • Un brand avrà sempre enormi difficoltà, quindi, ad entrare nell’interno dei grafi delle reti sociali (Community sociali), mentre può e deve potersi porre in sintonia con le communities latenti, potenziali all’interesse rispetto ai valori dell’azienda e/o alla narrazione del brand.
  • Gli utenti profilati al proprio sito (sì, anche quelli che compilano il semplice form per richiedere informazioni), devono essere considerati dei prospect e trattati come tali con gli strumenti del CRM – Customer Relationship Management evolvendoli verso gli spazi social da inserire nel sito aziendale e nei profili Social Media aziendali … in un’ottica di Social CRM.
  • Termino con una grafica relativa alle tipologie di brand communities … che meglio rappresenta una visione di sintesi degli argomenti trattati in questo articolo.

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