La comunicazione è la creazione di un "rapport", è rispecchiare l'interlocutore: utilizziamo la PNL senza saperlo…

Non possiamo risolvere i problemi usando lo stesso tipo di pensiero usato nel crearli” (A. Einstein)

Creare un “rapport” vuol dire entrare in sintonia con il nostro interlocutore mentre parliamo. Lo facciamo naturalmente, senza consapevolezza, il più delle volte. Domenica scorsa ero in piazza a bere un caffè e mi sono messo a guardare con questo filtro le persone che passeggiavano a gruppi di due o più, quali rispecchiamenti (atteggiamento del corpo comune nelle coppie o nei gruppi di più persone) ho notato?
1. Passo comunemente sincronizzato
2. Atteggiamento ed espressione sincrona
3. Mani in tasca (sepecie i più giovani)
4. Braccia conserte (un gruppetto di tre ragazze le teneva addirittura nello stesso modo e con lastessa camminata)

Il “rapport” significa ricalcare la realtà della persona con cui vorremmo comunicare. Non è un caso che difronte a forti relazioni di comunicazione finiamo per assomigliare al nostro interlocutore, nel modo di parlare, nella postura, nel gesticolare, ecc.

Presupposti per un buon comunicatore

Nelle riunioni di lavoro, per verificare se la relazione, il rapport è attivato, molte volte provo in una prima fase a ricalcare, adottando postura delle braccia, gambe, tono della voce, ecc., del mio interlocutore. In un secondo momento provo a cambiare posizione delle braccia o delle gambe per vedere se il mio interlocutore fa altrettanto: se succede il rapport è innescato.

La cosa più difficile, per me, è realizzare il rapport con naturaleza e spontaneità in situazioni profesionali. Sono ancora lontano dal modello di riferimento del comunicatore eccellente previsto dalla PNL, il quale:

  1. Ha sempre una rappresentazione esplicita dell’obiettivo che vuole raggiungere.
  2. Ha la flessibilità di comportamento (risposte sia interne che esterne).
  3. E’ in grado di muoversi facilmente dentro e fuori dell’esperienza basata sulle sensazioni.

Se riesco ad vere sempre chiara la rappresentazione dell’obiettivo che voglio aggiungere (punto 1.), mi è più difficile avere la flessibilità del comportamento (punto 2.) e la facilità di movimento nell’esperienza del rapport (punto 3.).

Il mondo interiore è la nostra mappa

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Come descritto nell’immagine sopra riportata, il nostro mondo interiore filtra ogni nostra percezione e ci da sensazioni ed emoziani differenti dagli altri. Entrare in rapport con gli altri significa avviare la condivisione dei nostri mondi interiori. In altri termini possiamo dire che la PNL descrive nel seguente modo la distinzione tra intenzione (della comunicazione) e risultato/effetto (della comunicazione):

a) La mappa non è il territorio.
Ciascuno vive secondo il proprio modello unico del mondo (mappa individuale). Nessuna mappa individuale è più “reale” o più “vera” di qualsiasi altra.
– Non è il territorio o la realtà che limita la persona, quanto le scelte che sente disponibili attraverso la propria mappa.
– La memoria e l’immaginazione usano gli stessi circuiti sensoriali e potenzialmente hanno lo stesso impatto.
– Il corpo e la mente sono parti dello stesso sistema cibernetico; ogni cosa che accade in una parte del sistema influenzerà le altre parti.
– La mappa del mondo di ogni individuo è formata dalle sue rappresentazioni sensoriali personali e condiziona la sua esperienza del mondo.
b) Ogni individuo possiede già (o potenzialmente ha) ogni risorsa che gli serve per fare ogni cambiamento desiderato.
c) Non ci sono errori nella comunicazione, solo obiettivi.
Non ci sono fallimenti solo feedback.
d) Il significato di una comunicazione sta nella risposta che provoca, indipendentemente dall’intenzione di colui che comunica.
e) Se quello che stai facendo non ottiene la risposta desiderata, cambia il tuo comportamento finchè solleciti quella risposta.
f) In un’interazione tra più persone, quella che possiede una maggiore flessibilità di comportamento, può controllare il risultato della transazione.
g) Il comportamento di una persona è separato dall’intenzione o scopo che ne sta a monte. Si presuppone che l’intento sia sempre “positivo” (considerando il contesto in cui si instaura)
h) Ogni comportamento è comunicazione.
L’essere umano ha almeno due livelli di comunicazione: uno conscio e uno inconscio. Una gran parte della comunicazione è non-verbale.
i) Il valore positivo di un individuo non è mai messo in dubbio, mentre lo sono il valore e l’opportunità del comportamento interno ed esterno.
j) Ogni persona compie sempre la migliore scelta possibile, rispetto al suo modello unico del mondo e alla situazione in cui si trova.

La nostra responsabilità sta quindi nell’attenersi ai risultati delle nostre intenzioni, al di là della loro positività. “Rapportarsi”, entrare in “rapport” con una persona, per la PNL non vuol dire, quindi, manipolarla, ma entrare in sintonia e, perchè no, in empatia con essa.

La PNL rimanda quindi alla comunicazione aziendale, alla leadership aziendale. Il top management deve sempre tener conto che i collaboratori sono risorse dell’azienda, la loro motivazione è il valore principale dell’azienda: non devono mai essere messe in discussione le valenze delle  persone, ma solamente i comportamenti organizzativi, le attività, eventualmente. Chi ha responsabilità aziendali dovrebbe sapere sempre (PNL a parte), che la prestazione mediocre rinvia alla gestione mediocre della risorsa, sempre…
Avevo iniziato l’articolo citando Einstein “Non possiamo risolvere i problemi usando lo stesso tipo di pensiero usato nel crearli”, un’annotazione in negativo, sul cosa non fare. Per comunicare bene, per comunicare con la PNL, occorre tener presente, quindi, che: “Il leader è colui che sa creare un mondo al quale gli altri desiderano appartenere” (Franco d’Egidio).

Leonardo Milan

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Organizzazione della comunicazione per la forza vendita (Sales Force Automation)

‘Dirigere bene un’impresa significa amministrare bene il futuro. E, amministrare bene il suo futuro, significa fondamentalmente amministrare delle informazioni.’ (Marion Harper).

image C’è un fortissimo interesse degli operatori (imprenditori, manager, ecc.) riguardante ad una domanda di “formazione” e di “soluzioni” che allo stato primordiale, potrebbe essere riassunta in: “come facciamo a vendere di più?”
In un convegno, su questo tema, ciò che mi ha colpito nella relazione di Alice Mattolin in un workshop ““Migliorare la relazione con il cliente attraverso l’utilizzo strategico della comunicazione alla forza vendita” riguarda la definizione delle caratteristiche di “venditore ideale” e la strutturazione della forza vendita in “venditori diretti” e “agenzia”. Riportiamo qui di seguito l’approfondimento ed i relativi spunti di riflessione.

L’informazione da (bottom-up) e per il cliente (top-down).

L’approfondimento sulla relationship generata dalla forza vendita fa leva soprattut-to sugli aspetti che “trattano” l’informazione da (bottom-up) e per (top-down) il cliente. Il filtro di questi due canali di comunicazione è sempre il venditore, qui inteso come “l’attore della customer relationship”.
L’attività di vendita, nell’azione di “customer relationship”, è soprattutto un “tratta-mento dell’informazione” dal basso (cliente) verso l’alto (azienda).
Le principali informazioni bottom-up sono: raccolta dati e informazioni dal cliente, risoluzione delle problematiche legate alla fornitura (reclami, insoddisfazioni, ecc.); assistenza post vendita; controllo degli obiettivi di vendita; controllo e verifica dell’efficacia dell’attività pubblicitaria e promozionale dell’azienda; raccolta dei dati, delle informazioni e della documentazione attuale e storica del cliente.
Le principali informazioni dall’azienda a l cliente tramite il venditore (top-down) so-no: fornitura informazioni riguardante i prodotti/servizi dell’azienda; gestione diretta di attività promozionali.
Altri aspetti con minore impatto informativo da e per il cliente sono: la conoscenza del mercato e del prodotto; la pianificazione dell’attività di vendita (itinerari, organizzazione incontri, ecc.); l’abilità nella conduzione della trattativa; formazione pro-fessionale ed attività di knowledge management con i colleghi della forza vendita; attività amministrativa (raccolta ordini, pagamenti, ecc.)

Venditori “diretti” o con contratto di “agenzia”?

L’altro aspetto che è stato affrontato riguarda il rapporto di lavoro con i venditori.
Il venditore “diretto” è alle dipendenze dell’azienda ed ha le seguente caratteristica principale: il vantaggio di un maggiore controllo:
L’azienda può pianificare la reportistica, i feedback, le campagne promozionali… un sostanziale “braccio esecutivo” su tutta la catena delle attività “bottom-up” so-pra illustrate.

Con il contratto di “agenzia” (leggi: Agente o Rappresentante di Commercio), ab-biamo, inversamente, seguente caratteristica principale: il vantaggio di una maggiore motivazione.
L’agente ha come principale performance la “vendita” al cliente, dalla quale rica-va la provvigione ed il proprio reddito. Il costo dell’agente è, quindi, un costo varia-bile, in proporzione al margine di contribuzione creato. L’azienda, però, si trovereb-be con un discreto “filtro” (l’agente) alla comunicazione bottom-up e con serie difficoltà a regolamentare con efficacia l’informazione top-down (l’agente non è un subordinato). Badate, non è solamente un problema burocratico.

In sintesi, lo schema sarebbe il seguente:

  • Caratteristiche Vantaggi Svantaggi
  • Venditore diretto Maggiore controllo Minore iniziativa
  • Agente Minore controllo Maggiore motivazione

Conclusioni.

Se si adotta rigidamente questo schema, un’azienda corre il rischio di dare maggior enfasi al “controllo” che alla “motivazione” ed a preferire l’adozione di del modello “venditore diretto” (salvo poi non attuarlo perché non ha i mezzi finanziari per af-frontare tale rischio).
Nel caso si adotti la soluzione di venditore diretto, si potrebbe realizzare la seguente modalità di compenso:
• La strutturazione di una forza/rete vendita di “venditori diretti”, ma con forti incen-tivi sui risultati (più motivazioni e più iniziativa, contratti permettendo), incidenti anche oltre il 50% in aggiunta al compenso “fisso”
Nel caso di adozione di una rete di “agenti”, si potrebbe attuare la seguente formu-la commerciale
• La remunerazione di una forza/rete vendita di “agenti”, anche con un compenso “fisso” (magari vincolato anche all’applicazione delle comunicazione bottom-up e top-down), oltre alle provvigioni legate, ovviamente, al fatturato.

Nel mercato e nelle situazioni reali, le soluzioni migliori sono quasi sempre “ad hoc”, prendendo a modello le “formule” del franchising.
È pericoloso improvvisare soluzioni “fai da te”, occorre una profonda analisi del mercato, del posizionamento e degli obiettivi strategici dell’azienda (ecc., ecc.).
Siamo più propensi alle formule miste e flessibili. Nella realtà c’è sempre congruenza tra dipendenti e “agenti”. Le situazioni miste (“ad hoc”), saranno sempre composte da responsabili vendite “dipendenti” (o direttori commerciali, da non confondere con i responsabili marketing), da “agenti” (e/o da rappresentanti, da procacciatori d’affari, da segnalatori, ecc.), da partner commerciali, da iniziative di co-branding, di sponsorship, ecc.
Non dimentichiamo che quanto sopra esposto deve (ripetiamo: “deve”) essere coadiuvato dalla necessaria tecnologia informatica: il CRM (Customer Relationship Management) e/o l’e-CRM.

Leonardo Milan

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