TV e New Media: duopolio e arretratezza dell'Italia.

Non è passato molto tempo da quando si diceva: “Ah, se lo dice la TV allora è vero”. Solo dieci anni fa in America l’80% delle persone costituivano lo share dei programmi generalisti: ora sono solo il 20%. E in Italia?
image Il fatto è che nel nostro paese la televisione generalista, causa duopolio RAI – Mediaset, pesa ancora moltissimo sia in ascolti che nella raccolta pubblicitaria.
Poco tempo fa un Marketing Manager di una grossa azienda del nordest, mi disse che con il digitale terrestre dal 2011 non sarà più possibile investire negli spot su una trasmissione "generalista" sapendo di poter raggiungere uno share significativo. Mi comunicò più la sensazione di mancanza di media efficaci e alternativi alla TV tradizionale… che l’apertura di nuove prospettive di advertising alternativo e di comunicazione d’impresa innovativa.
Saranno quindi la "frammentazione" e la proliferazione delle offerte televisive (perdita di audience della TV generalista) che incentiveranno le aziende "inserzioniste" verso una sempre più spinta verso la "diversificazione" degli investimenti pubblicitari nei nuovi media (Internet, social, video, canali digitali, mobile, ecc.)?
Oppure la "frammentazione" implica il pensare (e ri-pensare) all’adozione di "nuovi modelli di business" in strategie cross-mediali (vere) che utilizzino i canali e le tecnologie (senza farsi "dominare" dallo strumento/canale)?
I dati degli investimenti pubblicitari confermano questa tendenza alla "diversificazione", ma non nascondiamoci che il ritardo del nostro paese sia in termini di infrastruttura della banda larga (siamo i penultimi in Europa) sia in termini di investimenti nelle nuove tecnologie… sono preoccupanti.
Il 70% degli italiani si fa ancora condizionare dalla televisione circa le opinioni politiche e di voto. Il detto “Ah, se lo dice la TV allora è vero" è ancora lì a dimostrare l’arretratezza insieme al ritardo ed allo svantaggio competitivo che accumuliamo rispetto agli altri paesi.
Sia bene inteso che il duopolio RAI – Mediaset, finirà per danneggiare anche queste due aziende: potranno rallentare la "diversificazione" ma non potranno fermare la storia.

Leonardo Milan

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Partecipazione è Marketing

Partecipazione e Marketing, ovvero Partecipazione è Marketing.
La fiducia non si compra con l’advertising. Occorre monitorare, ascoltare e partecipare alle communities online.
Il Marketing è partecipazione alle Communities. In fondo le aziende vendono prodotti/servizi per risolvere/soddisfare un determinato problema/bisogno.

Per un polso sullo stato di penetrazione dei social media tra gli utenti internet, riporto qui di seguito il video Social Media Revolution 2, male non fa …:

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=lFZ0z5Fm-Ng&hl=it_IT&fs=1&color1=0x2b405b&color2=0x6b8ab6&hd=1&border=1]

L’esperienza di consumo tende a ritualizzare tale ‘"soddisfazione" con la dinamica del "desiderio". Queste "brand experience" sono partecipate con il passaparola e con la condivisione nei social media e, in alcuni casi, nelle brand communities.
Presidiare i social network con pagine in Facebook, MySpace, ecc. è una condizione preliminare solo se c’è una "strategia di ascolto" solo se ci si mette alla pari con gli utenti/clienti.
Occorre instaurare un dialogo continuativo su basi trasparenti e coerenti.
Per ‘assurdo’ è la rete di Social Network già attiva dei collaboratori e dipendenti dell’azienda la prima area di diffusione del buzz on line. La partecipazione dei collaboratori alla community dell’azienda/brand rende molto credibile tutta l’attività 2.0. Partecipazione è Marketing anche quando i Marketing Manager partecipano alle community di cui fanno parte.
Non basta, quindi, avere un sito attrattivo, con attività interattive e di engagement. Per partecipare a una Community l’utente/cliente deve sentirsi "parte" di una storia, di un gruppo che condivide l’esperienza del bisogno/desiderio soddisfatto dall’azienda.
La condivisione di questa esperienza è più importante del brand. Rispetto alla possibilità di trovare affinità e confronto, il brand a volte fa da sfondo (come comune denominatore iniziale) a volte è solamente un "pretesto" che consente l’"ipertesto" della conversazione.

Leonardo Milan

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