La social attenzione e la motivazione alla condivisone in rete… con i Social Brand

imageMi sono recentemente imbattuto su due post che riprendevano la piramide dei bisogni Maslow ho poi trovato anche un’infografica … Sono troppe le coincidenze per prendervi uno spunto per un approfondimento e per esprimere la mia opinione in materia. Innanzitutto la piramide di Maslow non mi è mai piaciuta: è troppo semplificata, non descrive i percorsi i processi di soddisfazione e, infine, monodirezionale (dal basso verso l’alto).
Abbinare a questa scala/piramide i Social Network la trovo un’operazione interessante per l’aspetto divulgativo ma con basi molto fragili che somma due limiti: la classificazione dei bisogni e l’abbinare un Social Network ad un bisogno e basta (vedi infografica pubblicata alla fine di questo articolo).
Quello che volevo (cercare) di approfondire, però era un aspetto che sotto intende la scala dei bisogni correlata ai Social Network: quali sono le motivazioni che spingono le persone, sempre in numero maggiore, a condividere in rete dei contenuti (opinioni, foto, video, preferenze,  conoscenze, link, ecc. ecc.) esponendo le proprie relazioni (rete sociale), creandone anche di nuove (social graph),  mutuate principalmente dai servizi web di social networking.

L’economia nei social network alla ricerca la felicità

Le motivazioni alla condivisione per gli utenti sono già state riportate in diversi articoli questo blog. Vorrei affrontare qui alcuni aspetti che non ho mai approfondito finora. L’economia della felicità prevede che ci siano due principali beni che vengono scambiati:

  • imagei beni posizionali (differenziazione): definiscono il prestigio, lo status della persona, la sua posizione nella società attraverso le simbologie dell’avere, del possesso dei beni che definiscono la posizione nel gruppo sociale
    • quando prevale la ricerca dei beni posizionali, gli utenti dei Social Network tendono a differenziarsi, a postare contenuti dando poca attenzione ai contenuti degli altri (… utenti come entità monadi, da monos che significa “uno”, “singolo”, “unico”)
    • la motivazione narcisistica e autoreferenziale è, oltre che un luogo comune, un falso mito dei Social Network, non ne rivela l’essenza, non spiega l’estensione, non coglie il senso del tempo: la rete sociale è sempre esistita ed è pre-capitalistica 
    •  beni posizionali riguardano quei brand che vogliono essere riconosciuti per il valore acquistato dal cliente
  • imagei beni relazionali (identità): beni come l’amicizia, l’affetto, la stima, ecc.  definiscono le persone per la rete dei contatti, della soddisfazione dei rapporti sociali delle persone: è il capitale relazionale (sociale) dell’individuo, senza questi beni relazionali non solo non è felice ma potrebbe anche non sopravvivere
    • quando prevale la ricerca dei beni relazionali, gli utenti dei Social Network si riconoscono in community, prevale reciprocità, la messa a disposizione delle conoscenze, con attenzione alla responsabilità sociale (e l’attenzione alle aziende che si fanno riconoscere per la loro attenzione ai territori delle loro comunità …)
    • la rete sociale ibrida dei Social Network concretizza questo bene relazionale, è un’economia di scambio che nei social network si muove alla ricerca la felicità relazionale
    • beni relazionali riguardano quei brand che vogliono essere riconosciuti per il valore scambiato tra le persone (clienti e non clienti) entrando in contatto con il prodotto, poi in relazione con il brand e poi in condivisione peer to peer

Una prospettiva per i Social Brand

imageE’ chiaro che i beni posizionali derivati dalla rete non sono facilmente acquistabili come i beni di consumo. certamente se una persona ha uno status elevato (successo, visibilità, notorietà, ecc.), può facilmente ottenere migliaia di follower su Twitter… ma non per questo ottiene i beni relazionali che solamente una rete  tra pari (di affettività o di affinità) può garantire.  
imageLa rete sociale ibrida (che si realizza sia online che nel mondo fisico) di un Social Network, si alimenta soprattutto del capitale relazionale determinato dai beni relazionali come abbiamo illustrato sopra. I social network, visti con gli occhi della piramide dei bisogni Maslow, riescono ad aiutare i propri utenti a soddisfare gran parte di questi bisogni:

  • di autorealizzazione posso raccontare come voglio me stesso e posso anche usare le mie competenze per aiutare qualcuno (Riva, 2008)… anche attraverso il dono, la gratuità ottengo la gratitudine, il riconoscimento degli altri: realizzazione = relazione. Nel mondo fisico (è un mondo reale anche quello online), il dono e la riconoscenza nasce dalla conoscenza, nei Social questa esperienza di aiuto/dono si estenda anche ai legami deboli (i contatti online).
  • di autostima si possono scegliere gli “amici” ma io a mia volta posso essere scelto da altri; per cui se tanti mi scelgono accresco la mia autostima
  • di appartenenza, associativi, alla rete sociale ibrida (Social Network) con gli “amici” posso comunicare, condividere foto e scambiare opinioni
  • di sicurezza in Facebook le persone con cui si comunica sono solo “amici” e non estranei

imageUn’azienda che intende posizionare i prodotti nei Social Media e diventare un Social Brand deve quindi porsi in relazione con i beni relazionali, con l’identità digitale dell’utente, con la sua costruzione dei beni come l’amicizia, l’affetto, la stima … della sua rete sociale attraverso i social network.
E’ questa una prospettiva: di prodotti che diventano Social Brand perché, appunto, condivisi come beni relazionali nelle community degli utenti/clienti! Un Social Brand non può solo comunicare, deve rappresentare dei valori, li deve narrare farli diventare storie che si scambiano e si combinano con le storie delle persone, con i contenuti (post, commenti) condivisi dagli utenti in rete … ascoltando l’esperienza d’uso, catturando l’insight

La condivisione è un’esperienza di flusso che supporta l’autorealizzazione

imageE’ questa l’essenza dell’esperienza di flusso, che si ottiene con la partecipazione ai Social Network, le news diventano novità da condividere, sono vicine, filtrate dagli amici e conoscenti, per affinità affettive ed elettive, perciò valide, credibili, dentro questa dimensione di conoscenza e di fiducia, con la possibilità di approvarle (like) e di commentarle, avvicinandosi a questi contenuti. Fare inserzioni pubblicitarie in queste conversazioni è rischioso, soprattutto se non sono contestuali all’argomento, alla conversazione, all’oggetto del discorso. 

  • è un tempo concentrato, siamo attratti dal flusso, abbiamo l’attenzione deli altri, diamo attenzione (risposte, commenti, feedback) agli altri
  • è un tempo dilatato, in questa esperienza di flusso l’individuo si immerge, perde anche la cognizione del tempo, viene assorbito, ecco perché il tempo nei Social Network sta diventando la maggior parte del tempo che passiamo quando siamo in internet.

imageLa condivisione e l’esperienza di flusso, potrebbe delinearsi su due tipologie di motivazioni (e non di persone): quelle tra utenti nei social (Social Web), affrontata in questo articolo e le motivazioni alla condivisione da parte degli utenti all’interno delle loro aziende (Social Business e Social Enterprise), che approfondirò in un altro articolo.
Vedi anche: Flusso dei messaggi, entropia. immediatezza e dispersione nei social network

Riporto qui di seguito alcune immagini che supportano gli argomenti trattati nell’articolo.

Immagine sulla Piramide di Maslow 2.0 tratta da Frèderic Cozic:

Piramide di Maslow 2.0

Infografica creata da SMTT e Lombock:

Piramide di Maslow 2.0

I desideri ed i desideri: Gamification (fonte: Bunchball):

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Le aziende nei Social Media. Cresce la presenza ma non la qualita’ e l’integrazione.

Cresce la presenza ma non la qualità delle attività social da parte delle aziende in Itala. Lo conferma la riedizione dell’indagine SocialMediAbility effettuata dall’Università IULM di Milano, su di un campione di 120 piccole, medie e grandi aziende. L’utilizzo dei Social Media è poco pubblicizzato nei siti aziendali, è il sintomo di una scarsa attenzione e/o di un’attività ancora poco integrata se non priva di adeguata strategia.  
I dati sono confrontati con un’analoga indagine effettuata nel 2011 e rilevano un salto quantitativo complessivo circa la presenza e l’utilizzo dei Social Media, non supportati, come vedremo da un’adeguata attività, soprattutto in ordine alla pubblicazione dei contenuti e dei relativi feedback/share da parte degli utenti.

Indagine
SocialMediAbility: dati riepilogativi

2010

2011

Utilizzo di almeno un social media

32%

49,9%

Presenza di link agli ambienti social su sito aziendale

17%

25%

Social media più utilizzati:
– Facebook
– Youtube
– Linkedin
– Twitter


35%
14%
18%
9%


71%
40%
38%
32%

Analizziamo po’ più da vicino questi dati.

Utilizzo di almeno un social media

Fa specie rilevare che la Pubblica Amministrazione è al primo posto come utilizzo di almeno un Social Media (sul totale del target PPAA), passando dal 37% all’attuale 54%, più avanti della moda che si ferma al 52%.
Il fanalino di coda va al settore Hospitality (Hotel. alberghi, ecc.). Chi l’avrebbe mai detto? proprio il settore che, nel comparto turistico, traina l’e-Commerce, con la metà del fatturato online …, passa dal 23% del 2010 al 33% del 2011.
Altro elemento importante: le piccole aziende, passano dal 9,8% del 2010 al 43% del 2011, poco distanti dalle medie (47,2%) e le grandi (58,4%). Quest’ultime crescono poco, circa l’utilizzo di almeno un Social Media, passando dal 57,9 al 58,4%, ipotizzando un curva di maturità e/o di saturazione, di questo dato, intorno al 60%.
Ecco il grafico dei dati totali dell’Utilizzo di almeno un social media:

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Presenza di link ai Social Media nel sito web delle aziende

La cosa che mi lascia un po’ perplesso, circa i dati sopra riportati, riguarda la presenza di link agli ambienti social, all’interno dei sito aziendale: il 17 % nel 2010 e il 25% nel 2011: la metà delle aziende, confrontato con l’utilizzo di almeno un Social Media … come mai?
Se un’azienda, per esempio, ha una pagina Facebook (utilizzato dal 71% delle aziende del campione) perché poi non dovrebbe inserire il link all’interno del suo sito? Il sospetto è che l’indagine sia generica nell’indicare quali link siano pubblicati sul sito aziendale. La creazione di una profilo su Linkedin (utilizzato dal 38%) per esempio, o su Flickr (18%), potrebbe non comportare l’esigenza  (necessaria, nel caso di Facebook o Twitter) di una pubblicazione di un banner/link all’interno del sito. Questa è un’ipotesi, certo, ma ritengo che un’azienda che non pubblicizzi la propria presenza nei social media nel proprio sito non sia un’azienda con un presenza nei Social Media. Sulla base di questa affermazione il dato complessivo del 49,9% delle aziende che hanno almeno un link sia fuorviante, come computo della presenza nei social media.

L’andamento 2010 e 2011 circa la presenza di link ai Social Media nel sito web delle aziende:

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Altre motivazioni possono emergere dal settore dell’azienda. Nella Pubblica Amministrazione, solo nel 21% dei siti sono presenti link (a fronte, come abbiamo visto prima, della dichiarazione di utilizzare almeno un Social del 54%), stesso andamento per le banche. Sono settori, questi, che con ogni probabilità non ostentano la loro presenza nei social in siti che hanno una finalità, magari, molto istituzionale …
Diverso il comportamento delle aziende nella Moda, nell’Hospitallity e negli Alimentari, settori che ritengono più coerente la pubblicizzazione della presenza nei Social Media anche nei propri siti, strategia elementare ma indispensabile per ricavarne dei benefici.

Ecco il grafico relativo alla Presenza di link negli ambienti social per settore:

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Per approfondimenti ecco l’Infografica SocialMediAbility delle Aziende Italiane – Osservatorio Social Media IULM:

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