Internet in Italia, un paese arretrato nella rete ma che è avanti nel mobile

imageSono andato un po’ a curiosare in rete per avere aggiornamenti circa la diffusione di internet e dei Social Network in Italia. Ho prestato attenzione anche alle due peculiari caratteristiche del digitale italico:

  1. Una forte diffusione del mobile (leggi smartphone e touchphone), che trainerebbe l’utilizzo di internet a scapito di una banda larga poco performante e non molto diffusa in tutte le aree geografiche (vedi: digital divide)
  2. Un’alta penetrazione, percentuale di presenza nei social network (soprattutto Facebook), rispetto al totale del popolo di navigatori.

Queste due macro-tendenze anche nel 2013 (che  riprendono i dati ed i parametri degli anni precedenti), risultano confermate. Da questa situazione ne esce un quadro quasi drammatico, se confrontato con i ritardi da parte delle aziende e delle PMI in particolare:

  • Nell’adozione dei Social Media come strumento di ascolto e fidelizzazione dei propri clienti (per l’acquisizione di nuovi clienti i Social non sono lo strumento più adatto…)
  • Nell’utilizzo interno delle social technologies, per i processi di condivisione del know-how (vedi Social Business, ampliamente trattato in questo blog, soprattutto in versione collaborativa…, vedi anche Hype Cycle di Gartner riportato infondo a questo articolo) 

Questo articolo approfondisce il precedente Quanto tempo stiamo in rete e che cosa facciamo con i social, che si basava su di un’infografica e su dati internazionali… In un prossimo articolo approfondirò anche un GAP, un’arretratezza delle PMI anche nel campo del buon vecchio Web Marketing, il che è tutto dire. Vediamo la rilevazione che ho fatto. Mi scuso per eventuali incompletezze, ma ho fatto il match tra diverse fonti…

La presenza di internet e del mobile in Italia

Vediamo alcuni dati sulla presenza di internet in Italia (fonte Audiweb 2013 e Eurispes 2013):

  • imageSono oltre 68,2% delle famiglie italiane (14,8 milioni) dichiara di disporre di un accesso a internet da casa attraverso computer, e ben 37,8 milioni gli italiani che navigano in internet e ci stanno per circa 1 ora e 23 minuti. Il maggiore tasso di utilizzo di internet è peri al 100% tra i dirigenti, quadri e docenti universitari seguito dai giovani, il  94% degli 11-34enni.
  • Che cosa fanno gli italiani su Internet? Ecco un dettaglio:
    • Il 97,1 % invia e riceve e-mail regolarmente
    • il 60,6% guarda video su YouTube
    • il 50% consulta regolarmente uno o più blog
    • il 45,2% chatta con amici e colleghi
    • il 40,6% si intrattiene nei videogame online
    • il 38,3% scarica filmati, video, musica o giochi musica
    • il 35,6% legge e scrive sui forum.
  • L’accesso via mobile, è di 17,9 milioni di persone che dichiarano di poter accedere a internet da telefono cellulare/smartphone (il 38% degli 11-74enni), e 3,7 milioni da tablet (il 7,8% dei casi).
    • Solo 6,6 milioni però hanno scaricato almeno applicazioni, le App mobile (di cui il 77% gratuite)
  • imageOltre l’80% dei navigatori utilizza i social network, per cui significa che il 23-24 milioni di italiani (un terzo di tutta la popolazione), abita anche nei Social Media. In particolare per i Social Network:
    • Facebook si conferma con ampio margine il Social Network più diffuso anche in Italia: lo usa il 97,3% (22,8 milioni) dei navigatori che partecipano a Social Network.
    • Twitter si conferma al secondo posto usato da quasi un soggetto su 3 (31,7%). Bisogna vedere poi quanti lo utilizzano attivamente
    • Al terzo posto si classifica Linkedin (16,1%)
  • Come va l’eCommerce? Ecco un estratto del rapporto 2013:
    • Il 29% degli Italiani cerca info su Internet prima di andare in negozio, il 23% compra dopo aver letto un giudizio positivo, il 21% non compra dopo aver letto commenti negativi (fonte: Nielsen)
    • Il 57% dei navigatori abituali è iscritto ad almeno un gruppo d’acquisto (es.: Groupon).
      In particolare, il 29,6% ha fatto anche concretamente acquisti attraverso uno di questi gruppi:
      • I prodotti/servizi più acquistati tramite gruppi online sono:
        i pasti (pranzi, cene, aperitivi), comprati dalla metà di chi ha fatto acquisti;
        seguono la tecnologia: apparecchiature tecnologiche (41,2%),
        trattamenti estetici e pacchetti benessere (40,3%), viaggi (39,2%).
    • il 27,4% si è invece fermato all’iscrizione senza fare acquisti con i gruppi di acquisto
    • Il 26% ha acquistato biglietti per spettacoli/mostre, il 20,3% visite mediche, il 17,5% corsi, il 17,1% prodotti alimentari. Il 17,3% ha comprato altri prodotti/servizi.

Altri grafici sull’utilizzo di Internet e dei Social network in Italia

Un altro grafico riporta la crescita degli investimenti pubblicitari, a livello globale: 1. la TV; 2. i Giornali; 3. Internet. 
L’indice del cambiamento è il mondo dei media (fonte: Osservatorio New Media & New Internet del Politecnico di Milano):

  • il calo degli introiti, in un mercato che vale complessivamente 16,7 miliardi di euro, contro i 16,9 dello scorso anno, è dell’uno per cento: una sostanziale "tenuta", frutto però di dinamiche contradditorie.
  • Se è fenomeno noto il calo di lettori, spettatori e inserzionisti che riguarda carta stampata e televisione tradizionale – malgrado possano contare ancora su un giro d’affari da 11,4 miliardi di euro – anche nel digitale non tutto brilla:
    dei 5,3 miliardi prodotti dai nuovi media, 3,8 sono infatti appannaggio del digitale terrestre e della tv satellitare che però continua a proporre un modello inadatto, e quindi a perdere spettatori

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Penetrazione dei Social Network: l’Italia batte gli Stati Uniti!

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Mentre la popolazione mondiale cresce di 3 persone al secondo, nello stesso attimo vengono venduti 38 dispositivi mobile  (fonte: LiMo Foundation)

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Ecco un tabella sintetica di come internet influenza i comportamenti e le decisioni di acquisto: vacanze, tecnologie e mobile più assicurazioni sono oltre il 50%.

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Prospettive e trend per la Social Collaboration

Come si concilia la prospettiva business di tutta questa potenzialità del web e dei social network?
Gartner ha rivelato la sua ultima ‘Hype Cycle’ del 2013 – una serie di relazioni che offrono una rappresentazione grafica della maturità e l’adozione di tecnologie – concentrandosi sulla Social Collaboration nelle imprese. Essa mostra che l’uso di tecnologie sociali per soddisfare le esigenze di business è in aumento con crescenti aspettative della loro efficacia.

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Condividere la pratica nelle organizzazioni. Suggerimenti per la costituzione di una community che realizzi l’Open Innovation

imageNelle aziende, da quando sono nate, le persone condividono le pratiche, le esperienze. L’organizzazione industriale e tayloristica non hanno cancellato il passaggio dell’esperienza (come nella bottega artigiana delle origini). Certo la prassi gerarchica del comando-controllo non legittima, non ufficializza questa condivisione… che in ogni caso avviene (a loro insaputa, per dire una cosa di questi tempi). La gelosia professionale e la competitività interna non hanno mai escluso delle nicchie di condivisione e di esplorazione dell’esperienza: del mestiere.

Queste comunità di esperienze vanno sotto il nome di CdP – Comunità di Pratica (ma anche di condivisione, di collaborazione…).
Negli ultimi anni con l’avanzare dei Social Media, queste comunità di esperienze non ha i confini dell’azienda: ha i confini dell’esperienza d’uso del prodotto (vedi anche: La social attenzione e la motivazione alla condivisone in rete… con i Social Brand). In questo articolo voglio però dare alcuni suggerimenti per il riconoscimento e l’ufficializzazione di queste buone pratiche di condividere la pratica, in una prospettiva aperta (con il coinvolgimento degli stakeholder), per la realizzazione di attività collaborative di innovazione di processo… dell’Open Innovation, quindi.

Riporto qui di seguito alcuni suggerimenti sul come riconoscerle, costruirle o strutturarle. Senza la presenza di queste community interne non si possono attuare strategie sui Social Media coerenti e di ampio respiro. Lo dico quasi sempre in questo blog, ma vale la pena di ribadirlo anche stavolta.

La condivisione della conoscenza e dell’esperienza

In questo blog si convalida la visione che i social media traggono origine e linfa dalla (innata) necessità di apprendere socialmente: l’apprendimento è sociale. Non occorre essere nativi digitali per considerare questa realtà.

Lo sviluppo positivo di una società in assenza di pensiero critico e indipendente di individui propositivi è inconcepibile come anche lo sviluppo personale di un individuo senza lo stimolo derivante dalla comunità
(“The positive development of a society in the absence of creative, independently thinking, critical individuals is an inconceivable as the development of an individual in the absence of the stimulus of the community”). A. Einstein

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La conoscenza non è un’entità fissa, bensì un’esperienza che si compie e si completa in forma di processo, nel tempo e nello spazio. Non si tratta cioè di un asettico e statico insieme di informazioni. La conoscenza è esplicita e anche tacita (quella tacita è una sfida alla formazione ufficiale …). 

Innanzitutto definiamo che cosa abilita l’apprendimento sociale ma che non è una Comunità di Pratica:

  • Dipartimenti formali, Team, Team di progetto, Comunità di interesse, Reti informali

    Cosa abilita l’apprendimento sociale  come Comunità di Pratica:

    • Le Community che fanno della conoscenza una parte integrante della loro attività,
    • Le realtà di apprendimento che in modalità esplicita, strutturata  e riconosciuta:
      • sviluppano conoscenza sulla base dell’esperienza (best practices), dei partecipanti alla comunità, i quali vogliono condividerla con ogni altro membro della comunità e crescere, migliorare facendo tesoro della ricchezza dei tanti che vi contribuiscono.
      • condividono la pratica delle esperienze, della Passione, dell’Impegno, dell’Identificazione con il gruppo .. il quale si Identifica con la sua pratica

     

    I ruoli necessari per avviare una Community aziendale

    Community manager

  • E’ il coordinatore della Community
  • Dà all’azienda tutti i suggerimenti qualitativi sui ricevuti feedback dagli utenti (customer insights)
  • Svolge attività di presidio e controllo delle pubblicazioni e di Content Management (soprattutto per la documentazione di supporto)
  • Coordina una o più aree di discussione.
    Organizza riunioni, comunica con i membri, modera le discussioni,
  • Supporta i progetti della Comunità di Pratica, apre e rafforza relazioni con i terzi sugli argomenti di sua competenza
  • Facilitatore

  • Aiuta l’interazione del gruppo durante gli incontri in presenza
  • Esperti

  • Offrono aree specifiche di esperienza necessarie durante alcuni incontri su invito delle Community.
  • Possono essere interni ed esterni all’organizzazione Insights® Italia
  • Portatori di interessi

  • Soggetti che hanno interesse al lavoro della CdP, ne vengono influenzati e possono a loro volta influenzarli
  • Partecipanti (stakeholder)

  • Senza il loro coinvolgimento non si fa nulla.
  • Popolano di iniziative e contenuti la comunità, pongono domande/problemi, condividono conoscenza, prospettano soluzioni, si confrontano attivamente;
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    Una mini guida per avviare le Community aziendali, per la condivisione della pratica e dell’esperienza

  • imageOccorre coerenza nelle strategie di business della Community (governance e policy da Open Innovation non guastano… magari).
    Per essere veramente efficace una community deve avere un impatto sulle attività di “core business” sia dell’azienda che dei componenti della Community
  • Commitment, impegno da parte dei dirigenti aziendali.
    Avere chiare aspettative (da parte del management, dei responsabili di funzione, ecc.) e comunicarle al gruppo della Comunità di Pratica.
    Occorre trovare i ruoli giusti per le persone giuste
  • Gli obiettivi di business devono essere allineati e corrispondenti agli intenti della community.
    Troppo spesso, i programmi per le community sono declinati verso le priorità di business, abbandonando la promessa di valore fatta a ciascun utente. Ogni comunità deve servire i suoi clienti-soci – senza membri non c’è community – e non il contrario.
    Il punto di partenza è l’abilità di riconoscere gli altri come eventuali partner per dare forma alla condivisione delle Best Practices aziendali.
    Le persone possono riconoscersi l’un l’altra in base alla propria esperienza e al fatto che c’è un interesse reciproco per l’esperienza dell’altro:
    “Io sono sinceramente interessato a te, io sono realmente interessato alla tua esperienza”
    Il punto centrale delle comunità risiede nella pratica e nel riconoscimento nel saper riconoscere l’altro
  • imageEngagement: costante e coerente spinta interna.
    Qualsiasi progetto di Comunità di Pratica ha bisogno di fiducia.
    Occorre che Insights Discovery® creda nel progetto della community e abbracci la rete e il posizionamento online.
    L’assenza di un leadership coraggiosa può minare alla base la creazione di una community di impatto.
  • Buono quanto basta, fare solo le cose che servono: costruzione di “tende per accampamenti” al posto di musei informatici.
    Il successo di una Comunità di Pratica si ottiene mediante una costante innovazione attraverso cicli guidati dal feedback, e quindi un’ottica di dialogo costante.
    La pianificazione per la community dovrebbe concentrarsi sul breve periodo, prevedendo la possibilità di virare politiche ed obiettivi.
  • Piano editoriale: aggiornamenti costanti nelle informazioni.
    Il ciclo di innovazione richiede anche un flusso costante di nuove informazioni nella community.
    Occorre fare un piano editoriale dei contenuti di supporto, coinvolgente e aggiornato: questo approccio è la premessa per la costruzione di una community di successo.
  • Community Management. Occorre una buona capacità di gestione della comunità.
    A ciascuno il suo mestiere. La gestione della community è un ruolo complesso, e implica personale motivato e preparato, formato per il community management, il coordinamento.
    Solo dopo un certo periodo (almeno tre-sei mesi), è possibile aspettarsi una certa autonomia da parte dei componenti della Comunità di Pratica aziendale.

     

    Le attività principali del Community Manager e del facilitatore

  • Ecco una rappresentazione grafica del processo che dovrebbe alimentare le attività principali del Community Manager e del facilitatore.

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