Digital divide, internet e PIL. Non solo Facebook e problemi di privacy
Lo stato del web e di Internet in Italia, non fa solo solo notizia e scandalo per il problemi di egemonia dei big player (come Google e Facebook), per la privacy, ecc.. A sostegno di quanto affermato nel mio post precedente “Report e la rete. Fuoco amico senza una vera inchiesta”, ritengo che il grado di progresso di un paese si misuri (anche) attraverso il livello dei divide, degli ostacoli che si frappongono alla fruizione del web e degli strumenti di e-relationship (Web 2.0), riguardanti:
- la diffusione della connessione e l’accesso (digital divide), soprattutto in termini di velocità della connessione
- l’utilizzo, anche se in possesso della connettività a banda larga, alcuni gruppi sociali rimangono esclusi dalla fruizione dai social network più evoluti (non c’è solo Facebook, appunto) e delle potenzialità 2.0 (social divide)
- la conoscenza, la formazione e la consapevolezza delle potenzialità della rete, soprattutto a livello di business (knowledge divide)
Chi come me si occupa (anche) di Social Media Marketing conosce perfettamente l’ostacolo che trova nelle imprese, molto meno tra gli utenti, in ordine al knowledge divide, soprattutto nella difficoltà di far passare gli strumenti di social networking all’interno dell’azienda (più conosciuti come social business), come un primo passo per l’adozione di comportamenti di ascolto, connessione e contatto con gli utenti/clienti già presenti nei social media. Ma se solo il 54% delle aziende ha la banda larga… la vedo ancora più dura!
Se un sistema paese, come quello italiano ha gravi problemi su tutti e tre i divide sopra citati, ciò è dovuto soprattutto al nanismo della sua classe dirigente che non saputo (o voluto) investire sul primo divide, quello dell’accesso alla rete internet. Quando trasmissioni d’inchiesta vorranno occuparsi di questi problemi, senza fare facile scandalo sui noti casi estremi, saranno ben accolte dal popolo della rete.
L’Italia sconta un forte ritardo nella diffusione dell’e-Commerce (dati Commissione UE rapporto 2010):
- Solo il 3-4% delle aziende vendono online contro il 17-18% della media europea – UE-27 (Romania e paesi baltici inclusi…)
- Gli utenti B2C (acquirenti online) sono solo il 7% contro il 63% della Germania e il 49% dell’UK
E’ possibile che recuperiamo delle posizioni con il Mobile-Commerce… ma la situazione rimane di forte arretratezza (dati Commissione UE rapporto 2010):
- solo il 37% della popolazione accede a internet almeno una volta alla settimana, contro il 56% della media europea – UE-27
- la diffusione della banda larga nelle famiglie è intorno al 40% contro una media del 60% dei paesi avanzati
- solo il 54% delle aziende ha la banda larga contro l’84% della Germania, l’87% dell’UK e il 97% della Spagna
Stante queste situazioni ecco i dati del Fattore Internet-Economy (ricerca commissionata da Google) e del suo impatto del web sull’economia italiana:
- Contribuisce all’economia italiana con 31,5 miliardi di €uro, + 7% alla crescita del PIL
- Nel 2010 internet vale 56 miliari di €uro
- 17 miliardi di €uro il valore della merce acquistata offline dopo averle cercate online (info-commerce)
- Contribuisce alla crescita del PIL nella misura del 7%
- Nel 2015 raddoppierà il valore attuale
- Il totale delle persone occupate son 150 mila
- Dal 2009 al 2010 le aziende online hanno avuto:
- un incremento dei ricavi contro la perdita del 4% delle aziende offline
- un incremento del 15% delle esportazioni contro un aumento del 4% delle aziende offline
Rimane da chiedersi l’apporto che darebbe al PIL italiano una rete più efficiente (con un ridotto problema di accesso, specie tra le PMI, vedi: Digital Divide) e allineata ai paesi più avanzati (come Germania, UK, ecc.). Probabilmente gli indici sul PIL sopra riportati andrebbero incrementati del 50 – 100%. Per l’e-Commerce dovremmo stimare un valore dai 60 agli 80 miliardi di €uro, contro i 17 attuali.
Una rete e un WEB che punti alla e-relationship (2.0) utilizzato con un diversa consapevolezza (vedi: knowledge divide) porterebbe un considerevole vantaggio alle imprese in termini di: creatività innovazione (Open Innovation) , vantaggio competitivo su scala globale (vedi: Andrea Colaianni “Social Business: ripensare il concetto di innovazione”) … ma su questo tornerò in un prossimo articolo.
Ecco il video sul “Fattore Internet. L’impatto del web sull’economia italiana” trovato nell’interessante articolo di Andrea Cappello (se non riesci a visualizzare il video clicca qui>>>)
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